Indipendentemente dalla vostra sensibilità riguardante il tema del consumo di animali e dei loro derivati, avrete sicuramente sentito parlare della carne sintetica, ovvero la carne che viene “coltivata” in laboratorio partendo da cellule isolate da un animale.
Al di là della propria opinione sul tema, attualmente molto chiacchierato, quello che forse non sapete è che si parla anche di latte e di formaggi sintetici, un progetto di una società israeliana.
La società in questione intende, infatti, aprire una fabbrica di latte da laboratorio in Danimarca per iniziare a produrre un latte che sappia di latte vaccino senza però allevare animali per ottenerlo.
La rivoluzione sta proprio nel cercare non un sostituto vegetale a carne, latte e derivati, ma proprio qualcosa che sia uguale ma semplicemente prodotto in laboratorio.
Secondo questa società e tutte quelle che si stanno muovendo in questa direzione, l’obiettivo è quello di soddisfare il sempre più crescente fabbisogno di prodotti derivanti dagli animali senza però che questi debbano essere allevati in condizioni spesso al limite del comprensibile.
Ma cosa rappresenta questo per i produttori italiani? Non altro che un ulteriore step verso la distruzione del rapporto tra il cibo e la produzione agricola, produzione che spesso possiede una tradizione millenaria alle spalle che è fatta di ricerca, amore e passione per la propria terra.
Sicuramente soluzioni di questo tipo non vanno demonizzate in maniera aprioristica, perché i danni derivanti da agricoltura e allevamenti li conosciamo tutti, ma davvero non esistono soluzioni migliori in grado di mantenere le nostre tradizioni e di sostenere la dieta mediterranea che, ricordiamolo, è patrimonio dell’UNESCO.
Puglia: la protesta dei produttori
Solo il mese scorso la Puglia si è fatta sentire e ha manifestato contro il latte e i formaggi sintetici rendendo gli animali stessi i protagonisti della protesta.
La manifestazione è stata organizzata da Coldiretti Puglia ed è avvenuta a Piazza Garibaldi a Modugno per chiarire la propria posizione nei confronti di queste nuove soluzioni che altro non fanno che distruggere l’intera filiera italiana prodotto di anni e anni di storia.
L’obiettivo di manifestazioni come questa, destinata probabilmente a ripetersi anche in altre città nei prossimi mesi, è quello di promuovere una legge che ponga il divieto di produzione, uso e commercializzazione di tutto il cibo sintetico in Italia, dalla carne derivante da cellule e fatta crescere in laboratorio, dal latte vaccino senza l’allevamento di mucche al pesce senza che questo venga pescato nei nostri mari, laghi e fiumi.
Lo schieramento di queste realtà è favorevole nei confronti delle piccole e medie imprese che quotidianamente si impegnano nella cura e nel benessere degli animali, oltre che dei consumatori attraverso la vendita di prodotti di qualità.
Come funzionerebbe la produzione
Per quanto riguarda questa produzione alternativa di latte e formaggi sintetici, le società che si stanno facendo avanti in tal senso hanno comunicato di essere capaci di ricreare tutte le proteine comunemente presenti nel latte vaccino, senza però dover mungere una mucca per questo.
Il processo in questione si basa sull’utilizzo di una microflora modificata geneticamente che va poi a produrre caseina e siero attraverso il conosciuto processo di fermentazione, rendendolo simile al processo che avviene per la produzione di alcolici attraverso i lieviti.
In questo modo, le proteine del latte risulterebbero identiche a quelle del latte di derivazione animale, accanto alle altre componenti quali acqua, grassi e carboidrati.
Potendo ricreare la frazione proteica del latte, allora si potranno realizzare facilmente alimenti come formaggi e yogurt che sarebbero, tra l’altro, vegan e senza lattosio.
Ma il gusto è davvero lo stesso? Gran parte del gusto del latte vaccino deriva sa una delle sue componenti: i grassi. Questi sono la componente più difficile da imitare ed è anche per questo che molti consumatori non riescono a sostituire il latte vaccino con le già ampiamente diffuse alternative vegetali.
Questo ci fa capire quanto si sia ancora lontani dall’ottenimento di un prodotto da riporre sugli scaffali del supermercato, ma questo non significa che non si tratti di un pericolo concreto per le nostre realtà produttive.