In commercio se ne trovano di varie tonalità, che vanno dalla marrone alla rossiccia, passando per quelle bianche, grigie, nere o gialle, tuttavia le croste del formaggio offrono una funzione molto importante per un processo di maturazione e protezione della pasta di ciascun prodotto caseario di questo genere.
La crosta, infatti, nella sua estrema varietà di caratteristiche e colori, risulta fondamentale per la maggior parte dei formaggi, tranne che per quelli freschi a brevissima maturazione (la sua presenza indica, in questo caso, alterazione del prodotto) e per quelli a pasta filata, come ad esempio le tradizionali mozzarelle. Comunque, la crosta deve anche saper attirare col suo aspetto, fornire al consumatore una certa curiosità e desiderio di assaggio. Tuttavia, la crosta del formaggio non ha soltanto una funzione estetica, come vedremo.
La crosta e i suoi trattamenti
Tra questi, uno dei più diffusi e comuni è rappresentato dalla salatura, effettuata, tra le altre cose, non solo per fornire un certo sapore, ma anche in funzione antimicrobica, osmotica e per il suo ispessimento. Nel corso del tempo, i formaggi sono stati anche “rivestiti” in modo originale in alcuni casi, più che altro allo scopo di una loro affinatura anziché invece per una finalità prettamente di conservazione del prodotto. Un rivestimento fatto spesso con foglie di fico o di castagno oppure con della paglia o fieno.
Comunque, esistono anche altri trattamenti della crosta, che possono fornire al singolo prodotto una certa colorazione e, al tempo stesso, incuriosire un consumatore. Uno davvero originale è effettuato col concentrato di pomodoro e riguarda alcuni pecorini realizzati in Italia Centrale. Tale singolare procedura si effettua per importanti motivi. Da un lato, si sfrutta l’acidità naturale del pomodoro, che protegge il prodotto caseario da muffe e parassiti, presenti invece in ambienti maggiormente alcalini.
Dall’altro lato, invece, questa procedura tende a fornire e mantenere una certa elasticità alla crosta del formaggio, assicurandola contro eventuali pericoli di fessurazioni e spaccature, maggiormente frequenti invece in ambienti inadatti alla stagionatura del formaggio. Tuttavia, questa non è la sola procedura molto particolare che si è tramandata nel corso del tempo, riguardo alla conservazione di tale prodotto.
Difatti, un’altra operazione, la cui origine risulta essere molto antica e che veniva effettuata per fornire una certa protezione contro gli effetti degli acari e coprire eventuali lievi difetti della crosta, consisteva nella cappatura con tinte di tonalità nera della superficie esterna del prodotto. Un esempio celebre, da questo punto di vista, è fornito dal Parmigiano Reggiano, che fino agli anni ‘60 veniva trattato con nero fumo, olio di vinaccioli, terra d’ombra e altre sostanze.
Tale procedimento favoriva, inoltre, la limitazione degli scambi gassosi con l’ambiente esterno e di conseguenza l’invecchiamento del formaggio. Il tutto evitava poi anche un’eccessiva secchezza della sua pasta. Tale procedura, in questi anni, ha visto comunque una rinascita, grazie all’uso di carbone vegetale e cera d’api, che ha permesso ad alcune forme di Parmigiano di riottenere una certa colorazione (da qui la denominazione “Sua Maestà il Nero”), mantenendone sempre gusto e caratteristiche peculiari.
Il caso del Morbier A.O.C.
Questo celebre prodotto è conosciuto anche come Fromage avec ligne bleu, in quanto presenta una marchiatura orizzontale determinata da una rigatura (esclusivamente di natura estetica) di carbone vegetale. In passato, al posto di quest’ultimo, invece erano presenti fuliggine e cenere di legna sulla superficie di una mezza cagliata, in funzione di eventuale pellicola o crosta per la protezione da insetti o da lievi imperfezioni o impurità.
Una quantità di cagliata purtroppo modesta per divenire Comte’ (dovuta alla minore produzione di latte nella stagione invernale), a cui tuttavia nei giorni seguenti si aggiungeva quella di un’ulteriore caseificazione e da qui la produzione del Morbier. Questo è divenuto, in seguito, un noto formaggio francese (alcune volte confuso poi con un erborinato), originario dei monti del massiccio del Giura, nella parte centro-orientale del Paese transalpino.