Il latte e il petrolio sono bizzarramente correlati in termini di mercati finanziari: storicamente quando aumenta il prezzo del petrolio aumenta anche quello del latte, una correlazione che in termini finanziari si definisce “positiva” seppur insolita. Ma dall’inizio della pandemia, la correlazione non è più tale né ovvia: il prezzo del petrolio è tornato a salire con la ripresa di alcune attività economiche, mentre quello del latte è rimasto stabile o non è aumentato pur essendo aumentati i consumi proprio durante il periodo dell’emergenza sanitaria. Perché?
I motivi del mancato recupero dei prezzi del latte
Anche il cosiddetto “latte spot” – il latte venduto fuori contratto – conferma l’anomalia del dato e sottolinea come il fenomeno sia limitato entro i confini italiani, perché sia il latte francese che tedesco e il genere la performance del settore in Europa vede una risalita dei prezzi. Tuttavia, in termini commerciali il risultato non è negativo perché il latte italiano è concorrenziale sia perché costa meno sia perché è meno gravato dai costi di trasporto. Inoltre, la produzione di latte italiano è aumentata, contribuendo a sua volta a ridurre il prezzo sul mercato.Se da una parte, il prezzo del latte in sé non aumenta, gli altri prodotti caseari – in particolar modo i formaggi – registrano dati positivi sia in termini di crescita di produzione sia in termini di fatturato. Troppo latte da una parte (+ 4,16% nel 2020 pari a 12.662 tonnellate. Dati Assolatte), contro la media europea di un +1,7%, e dall’altra parte ottimi risultati per i formaggi, soprattutto i due “grana” nazionali: il prezzo del Parmigiano Reggiano si attesta sui 10,52 € al chilo per lo stagionato a 12 mesi (+26,4% nel 2020. Dati ISMEA), mentre il Grana Padano si attesta su 8,46 € al chilo per le stagionature da 12 a 15 mesi (+2,4%).