Il Food Waste Index Report 2021 redatto dall’UNEP – il programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente – è una ricerca condotta in collaborazione con WRAP, l’organizzazione Food Waste Reduction Roadmap che si prefigge l’analisi degli sprechi alimentari e pone allo studio soluzioni globali per dimezzare entro il 2030 lo spreco. Il report 2021 esamina i rifiuti alimentari presso i punti vendita, i ristoranti e le case private ivi inclusi parti di cibo non commestibili (gusci e ossa, per esempio). Il report ha identificato 152 punti di raccolta dei dati in 54 Paesi e il risultato è che in tutti i Paesi – indipendentemente dai livelli di reddito – lo spreco alimentare maggiore proviene dalle famiglie.
I dati sullo spreco alimentare
Stando al report delle Nazioni Unite, nel mondo vengono sprecati ogni anno 121 Kg di cibo pro-capite di cui 74 kg sono “buttati” in ambito domestico, 32 kg nella ristorazione e 15 kg nei punti vendita. Il 17% del cibo finisce nei bidoni della spazzatura. La maggior parte del cibo sprecato riguarda i prodotti freschi o a breve conservazione, per cui le persone acquistano in abbondanza senza calcolare opportunamente le date di scadenza e i prodotti scaduti – anche se ancora buoni per il consumo – finiscono spesso nella spazzatura.
Lo spreco alimentare ha conseguenze sull’ambiente, sulla società e sull’economia, infatti, il report sottolinea come circa il 10% delle emissioni inquinanti globali sia correlato al cibo che non viene consumato e confluisce nelle discariche. Ridurre lo spreco significa ridurre anche le emissioni di gas inquinanti, contribuire ad incrementare la disponibilità di cibo e ridurre le condizioni di fame e carestia nel mondo, oltre a risparmiare denaro durante un periodo persistente di recessione globale peggiorata anche dalle condizioni sanitarie emergenziali nel mondo. Tutte le problematiche sono collegate tra loro: cambiamenti climatici, perdita di biodiversità e spazi naturali, inquinamento, il problema dei rifiuti, spreco alimentare necessitano di essere risolti in modo coordinato e armonico a livello globale con un grande sforzo sinergico tra imprese, governi e cittadini.
I consigli della FAO per ridurre gli sprechi alimentari
Il 29 settembre 2020 è stata istituita la prima Giornata Internazionale della consapevolezza della Perdita e dello Spreco alimentare promossa dall’agenzia delle Nazioni Unite, FAO. La giornata istituita nel corso della pandemia globale nasce dalla percezione che sia necessario cambiare e riequilibrare le abitudini di vita a livello mondiale. Per una fetta importante della popolazione, lo spreco di cibo è una consuetudine “normale”: acquistare più del necessario, lasciar deperire frutta e verdura nel frigorifero di casa, preparare porzioni più grandi di quelle che si riesce a consumare, e abitudini simili comportano un danno diretto alle risorse naturali e all’ambiente poiché lo spreco di cibo è sinonimo di spreco e poca considerazione del lavoro, degli investimenti e delle risorse messe in campo per la produzione (acqua, semi, mangimi), il trasporto e la lavorazione. Per queste ragioni, la FAO – in occasione della Giornata mondiale contro lo spreco alimentare – ha elaborato un vademecum per i consumatori con 15 consigli utili a ridurre, contenere o eliminare gli sprechi perché ogni piccolo cambiamento ha un impatto sul resto del mondo. Tra i consigli per diventare food hero si citano: la preparazione di cibi “semplici”, salutari e poco elaborati, l’organizzazione dei pasti e rispettare la lista della spesa, utilizzare frutta e verdura matura per realizzare succhi o centrifugati, imparare a conservare bene il cibo nel frigorifero e nella credenza, mettendo i prodotti che scadono prima sul davanti della dispensa, imparare a leggere l’etichettatura, prediligere le porzioni piccole, sostenere i produttori locali, effettuare la raccolta differenziata in modo corretto, prediligere prodotti e alimenti di stagione, rispettare il cibo che si prepara, essere consapevoli del processo produttivo di un prodotto alimentare acquistato, ridurre il consumo di acqua, mangiare più spesso legumi e verdure per compensare l’apporto proteico e ridurre il numero degli allevamenti intensivi che a sua volta significa produrre carni migliori o una qualità del latte migliore per la produzione di altri prodotti derivati.