Pochi lo sanno ma una caratteristica tipica di alcuni formaggi, soprattutto quelli a lunga conservazione, è la presenza di cristalli (i cosiddetti “granellini”, da cui il nome “grana” di taluni prodotti nazionali, come ad esempio Grana Padano o Parmigiano Reggiano), che vengono anche studiati da diversi decenni. Nei formaggi, in effetti, si possono rintracciare un buon numero di cristalli, sia a base organica che inorganica, distribuiti poi in varie parti della forma stessa.
In effetti, delle volte, ad esempio, si formano sulla superfice dei formaggi che non presentano crosta, altri nelle fessure irregolari situate all’interno delle forme, a cui si aggiungono anche quelli formati nella matrice dello stesso formaggio. Tali cristalli, poi, incidono su quest’ultimo sotto diversi aspetti: a cominciare dalla sua consistenza, e poi sulle forme, la durezza e le dimensioni. La presenza di questi cristalli, tuttavia, non sempre viene vista favorevolmente da parte degli stessi consumatori.
Infatti, i cristalli formatisi in superfice sono considerati traccia di qualche muffa e, di conseguenza, di alterazione del prodotto. Altre forme di cristallizzazione, come quelle rintracciabili nelle forme di formaggio di genere grana, vengono valutate invece positivamente, come caratteristica di un prodotto artigianale. Da qui un’alta considerazione e notevole apprezzamento.
L’origine dei cristalli
Tali cristalli nel formaggio sono il risultato, in pratica, di una considerevole stagionatura, durante la quale le proteine del latte si scindono, formando alla fine degli amminoacidi, alcuni dei quali si cristallizzano appunto. Di conseguenza, la presenza di queste formazioni cristallizzate nei formaggi è sinonimo comunque di alta digeribilità e considerevole valore nutritivo del singolo prodotto. Tuttavia, esistono diverse tipologie di cristalli che tendono a originarsi nelle varie forme di formaggio.
Tra le più importanti tipologie vi troviamo, ad esempio, i cristalli di lattato di calcio, poi di fosfato di calcio, e, ancora, di amminoacidi di cisteina, leucina e tirosina. Quando si taglia una forma di un qualche formaggio tipo grana italiano, all’interno si presenta con una certa eterogeneità, con minuscoli cristalli bianchi e formazioni circolari sempre sul bianco pallido. Nella Grana Padana o nel Parmigiano Reggiano, ad esempio, tali segni si identificano con cristalli di tirosina e presentano un elevato livello di grasso.
Le formazioni circolari invece tendono a contenere anche della leucina. Gli esempi tuttavia non si fermano qui. In altre tipologie di formaggi, quali ad esempio il Cheddar o il Gouda, vi si possono rintracciare consistenti cristalli di lattato di calcio, sia all’interno della pasta che nella crosta esterna superficiale. La tecnologia moderna con le sue analisi approfondite, comunque, consente di poter studiare e determinare addirittura anche le conseguenze di tali fenomeni di cristallizzazione.
Ad esempio, la partecipazione dei cristalli di leucina incide nella creazione e nell’accrescimento dei granuli presenti nel formaggio Gouda e nel Parmigiano Reggiano oppure si evidenzia l’importanza dei cristalli di superfice nell’ammorbidire alcune parti dei formaggi di tipo stagionato a superfice molle. Di conseguenza, la funzione di questi cristalli può essere molto varia, così come molteplici possono essere gli effetti determinati sulle forme dei vari prodotti, sia all’interno di esse che in superfice appunto.
Alcune considerazioni
La presenza di queste formazioni cristalline, pertanto, non deve essere considerata negativa da parte dei singoli consumatori, in quanto ciascun prodotto caseario potrebbe produrle e, anzi, potrebbe essere elemento caratteristico di quest’ultimo. In commercio, vi sono tante varietà di formaggi e che possono quindi presentare tali cristalli, conseguenza spesso degli effetti della stagionatura e del processo di modificazione ed evoluzione del prodotto. Una prova, come abbiamo detto, se ne può trovare nel Parmigiano e nella Grana.
Due prodotti la cui qualità e bontà sono considerevoli e che vengono realizzati con tecniche e procedure antiche, ma sotto un attento controllo che ne certifica sempre l’ottimale stagionatura e l’assenza di elementi potenzialmente dannosi per il singolo prodotto e soprattutto per coloro che lo degustano. Perciò la presenza di questi cristalli non fa che “certificare” la qualità di tali produzioni.