Mozzarella di bufala, un prodotto tutelato negli Stati Uniti

Una delle problematiche più gravi che ha colpito negli ultimi anni i numerosi e prelibati prodotti alimentari italiani all’estero è stata la loro contraffazione e commercializzazione sotto forma (e con le etichette) di presunti alimenti della nostra gastronomia. Da qui la diffusione, ad esempio, del cosiddetto Parmesan Cheese, venduto come vero e proprio Parmigiano Reggiano italiano, quando in realtà non presenta assolutamente nulla del celebre formaggio.

Quest’ultimo è soltanto uno dei tanti pregiati prodotti alimentari contraffatti e distribuiti in tutto il mondo. Comunque, per contrastare tale fenomeno, sempre più numerose sono le iniziative intraprese a tutela dei nostri alimenti e della gastronomia italiana nel mondo. Da quelli più celebri a quelli meno noti, dal gustoso Grana Padano ai prelibati prodotti de La Pecorella. Una delle ultime ha riguardato la mozzarella di bufala dop, che verrà tutelata su tutto il territorio americano. Andiamo ad approfondire meglio l’argomento.

Un accordo davvero importante

La Pecorella Distribuzione s.r.l.


Non poteva che essere Caserta la sede della firma dell’intesa di fondamentale importanza sulla protezione della denominazione “Mozzarella di Bufala campana Dop” sul territorio statunitense, ad opera del presidente del Consorzio, Domenico Raimondo, e del vicepresidente dell’US Dairy e direttore del Consortium of Common Food Names, Jamie Castaneda. Un’intesa che rappresenta un passo fondamentale per ambedue le parti.

Quest’ultima, infatti, offre garanzie di maggiore trasparenza verso i consumatori, fornendo chiarezza sull’attuale e libero uso del termine mozzarella, per indicare un tipo specifico di formaggio, mentre al tempo stesso sarà tutelata da oggi in poi l’unicità di questo prelibato prodotto alimentare italiano.

In particolare, ambedue gli enti riconoscono l’elemento distintivo e peculiare della denominazione Mozzarella di Bufala campana Dop e la stessa intesa sottoscritta dichiara che “qualsiasi richiamo testuale o grafico al territorio di produzione su un prodotto similare lede i diritti della Dop campana”. D’altra parte, pero, “si concorda sul libero utilizzo del termine Mozzarella per definire un formaggio prodotto secondo quanto previsto dal Codex Alimentarius e dallo standard della Food & Drug Administration Usa”.

In altre parole, le autorità statunitensi tuteleranno l’originalità della mozzarella di bufala campana Dop, mentre il consorzio campano accetta un più libero utilizzo della denominazione Mozzarella, in base alla normativa americana e delle sue autorità del settore, in questo caso la F&D Administration appunto.

La reciproca soddisfazione delle parti

Per Raimondo, il presidente del consorzio campano, si è voluto avere un atteggiamento di apertura e senza pregiudizi, augurandosi che questo accordo possa in futuro ampliarsi e così riguardare poi anche altri formaggi italiani. Evitando inutili chiusure protezionistiche e risolvendo al tempo stesso eventuali problematiche.

Per Castaneda, direttore del Consortium Usa, invece l’accordo sottoscritto favorirà una maggiore chiarezza tra i consumatori non solo americani, ma di tutto il mondo, tutelando anche la loro opportunità di scegliere tra molteplici prodotti alimentari, tutti di ottimo livello e qualità. Un passo fondamentale per la protezione dei diritti dei produttori di formaggio dalla denominazione generica e degli effettivi titolari delle indicazioni geografiche di origine.

Ricordiamo, comunque, che il giro d’affari complessivo della mozzarella di bufala campana Dop è di circa 400 Milioni di Euro a livello di produzione, mentre è di ben 750 Milioni di Euro a livello di consumi. Riguardo alle vendite all’estero, la quota detenuta da questo prelibato prodotto alimentare è di ben il 33,4%, di cui il mercato americano rappresenta circa il 7%. Di conseguenza, quest’ultimo detiene il primato di principale meta commerciale al di fuori dell’Unione Europea, con consistenti opportunità di ampliamento in prospettiva.

Tale intesa, da molti definita storica, in effetti potrebbe essere un ottimo punto di partenza per un nuovo dialogo e proficuo rapporto sulla protezione dei diversi prodotti d’origine nel territorio statunitense e, in maniera più ampia, a livello internazionale. Tutto ciò tenendo sempre conto e rispettando i diritti di diverse aziende di poter realizzare prodotti generici, a livello alimentare e gastronomico.  

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