Il nostro Paese ha una lunghissima tradizione e varietà di formaggi, tale da essere uno dei maggiori produttori a livello internazionale. Tuttavia, a rendere particolari questi nostri prodotti, non è solo la loro varietà, ma anche la qualità evidenziata. Infatti, oltre quaranta di questi formaggi hanno ottenuto l’importante certificazione comunitaria D.o.p. (cioè Denominazione di Origine Protetta). Un’attestazione che ne valorizza le qualità e l’origine territoriale peculiare.
Tanti sono i prodotti rinomati, anche a livello internazionale, e tra questi vi sono ad esempio il Parmigiano Reggiano o il Gorgonzola, che presentano una produzione pressoché industriale. Tuttavia, esistono bontà anche meno conosciute, la cui produzione e commercializzazione a livello territoriale sono assai limitate. È il caso del formaggio artigianale, realizzato in varie aree, ma che spesso non è meno prelibato di altri prodotti caseari più celebri. Cerchiamo di scoprire come si ottiene tale genere di formaggio.
Come nasce questo prodotto particolare
Il formaggio di tipo artigianale deriva in pratica dalla coagulazione della caseina e cioè la parte proteica principale del latte, sia esso intero che scremato. Per realizzare quelle forme di formaggio che ogni giorno si vedono esposte ed acquistate nei supermercati, la coagulazione lattica deve passare per un periodo di acidificazione spontanea e che si riesce ad ottenere grazie alla fermentazione del lattosio e all’”aiuto” di alcuni batteri.
Ed una produzione artigianale si differenzia rispetto a quella magari più industriale dall’uso di tecniche spesso antiche e di metodologie particolari, alcune volte non replicabili su scala industriale appunto. Questo naturalmente non significa una minore genuinità o igiene alimentare durante la sua realizzazione.
Infatti, anche nei caseifici artigianali il livello qualitativo del latte è attentamente controllato e il tempo tra mungitura e lavorazione consente di poter utilizzare direttamente il latte a crudo, evitando così la pastorizzazione. Quest’ultimo importante processo termico, infatti, permette di eliminare eventuali organismi patogeni, ma ha anche l’inconveniente di colpire la microflora casearia.
Per questo motivo, dopo tale trattamento, si devono aggiungere in seguito dei batteri caseari. Comunque, il latte lavorato a livello artigianale risulta essere assolutamente sicuro, in quanto esso viene riscaldato, fino a raggiungere una temperatura intorno ai 40°.
Come si realizza questa versione artigianale
La prima fase della lavorazione del formaggio è la coagulazione del latte e si evidenzia attraverso la trasformazione della caseina in un elemento lattiginoso. Con questa coagulazione si arriva ad ottenere la cagliata, che può essere sia compatta e leggermente elastica e sia un po’ più friabile. In questa fase, un passaggio importante è togliere il siero dalla cagliata stessa.
E questa operazione è effettuata dal cosiddetto “casaro”, attraverso l’uso di specifici strumenti utili appunto a rompere la cagliata, e tale rottura può avvenire con tempistiche leggermente diverse: subito dopo la coagulazione, nel caso di formaggi a pasta dura, oppure dopo circa 15 o 20 minuti, per quei prodotti invece a pasta morbida.
Dopo un intervallo di circa mezz’ora da tale operazione, si deve provvedere alla cottura della cagliata. Sempre il casaro agita e mescola quest’ultima in caldaie o contenitori riscaldati, la cui temperatura varierà a seconda della consistenza e al genere di stagionatura che dovrà poi subire il formaggio prodotto. Comunque, la massa della cagliata viene tenuta unita o suddivisa nelle quantità desiderate e inserita in seguito in forme apposite, quali ad esempio stampi o fascere. Eventualmente dopo aver effettuato un trattamento di pressatura e stufatura, la fase successiva è rappresentata dalla salatura, che può avvenire in salamoia o a secco. A questo punto, di fondamentale importanza per la qualità del formaggio realizzato e la sua ottimale conservabilità, è tale fase prima della sua stagionatura. Quest’ultima può avere durata variabile: da pochi giorni fino a diversi mesi, in base alla tipologia del prodotto caseario da realizzare.