Ogni giorno siamo tempestati da notizie, buone o cattive, che vengono a contatto con noi in ogni modo: dagli smartphone, ai giornali, alla televisione finanche alla radio, tutti ci danno notizie. Ma alcune, magari più importanti di altre, passano in sordina.
Nessuno ha annunciato la scomparsa di Roberto, un pastore precipitato in un dirupo dopo aver subito un malore. La morte di quest’uomo non interessa a nessuno, se non a chi conoscesse personalmente Roberto e a chi è del mestiere, per vicinanza di classe.
La vita, la professione e la passione del pastore sono la chiave per la conservazione della natura così come la conosciamo: montagna, pascoli, boschi, si sono conservati soprattutto a questa nobile professione, ma se manca un pastore viene compianto da pochissimi.
Roberto ha lasciato dietro sé, oltre familiari e amici, i suoi animali: pecore, capre e cani disorientati, persi, a causa della mancanza del loro amico.
Questo accade perché l’immagine che si ha del pastore, lo
ritrae come un maltrattatore di animali, un assassino di capretti e agnelli, ma
è una visione sbagliata che deriva dall’ignoranza di cosa sia davvero la
professione del pastore, unica classe sociale biblicamente ammessa a vedere la
nascita di Gesù.
Ci sarà un motivo, no?